di C.G.
I sindacati hanno iniziato a far circolare voci di cifre per il rinnovo del CCNL attorno ai 240 € lordi e ovviamente spalmati in 2 anni. E qualche collega, magari catechizzato dal sindacalista di fiducia, inizia a pensare che tutto sommato non è male.
Ma proviamo a fare due conti:
su una retribuzione di 2.000 € netti la perdita del potere di acquisto con l’inflazione ufficiale degli ultimi 4 anni è di circa il 20% (reale circa il 30%) cioè di 400 euro netti a pagare.
Per recuperarli ci vuole un lordo di circa 680 €. Infatti si paga il 9,19% di contributo INPS (62,55 €) e sui restanti 617,45 € ci paghiamo (mediamente) il 35% di Irpef (cioè 216,11 €). Il netto a pagare risultante da 680 euro lordi è di 401,34 €.
Quindi, con un aumento lordo di 680 € si tamponerebbe l’inflazione ufficiale (non quella reale) e, per di più, non si recupererebbe l’erosione del valore delle competenze accessorie che sono praticamente ferme dal 2003.
Alla luce di ciò la richiesta di circa 800 € lorde, avanzata dall’Assemblea Nazionale PdM/PdB, è del tutto ragionevole.
Non è un ragionamento bolscevico ma matematica, difficilmente confutabile.