Limiti di accesso alla pensione per il Personale Ferroviario

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Limiti di accesso alla pensione per il Personale Ferroviario

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Lettera aperta				Firenze, 8 agosto 2021

A tutte le forze politiche

Con la presente vogliamo nuovamente riportare alla vostra attenzione la problematica che assilla macchinisti, capitreno e manovratori delle Ferrovie, che a seguito delle riforme del 2011 si sono visti cancellare il Fondo Speciale che garantiva loro la possibilità di andare in pensione al raggiungimento dei 58 anni di età anagrafica, e nel contempo innalzare tale limite a 67 anni: 9 anni in un sol colpo!

Tale modifica è stata riconosciuta da tutti voi, da tutti i partiti, come un errore materiale, in quanto l’aver erroneamente invertito i termini “articolo” e “comma” ha escluso queste tre categorie da quelle da armonizzare, lasciandole tra i lavoratori generici.

Diverse proposte di legge sono state presentate da alcuni di voi, ma poi sono state bloccate sempre con la stessa motivazione: mancanza di copertura. Ora, il fatto in sé risulta incredibile, in quanto abbiamo avuto anche modo di contestare i conteggi presentati dalla Ragioneria di Stato, dimostrandovi quanto invece, dato la ristrettezza della platea di lavoratori interessati, si tratterebbe davvero di una cifra esigua, ma soprattutto, che senso ha affermare che serve trovare fondi, quando non si tratta di darci qualcosa in più, ma semplicemente di ristabilire un diritto che ci è stato negato, per vostra stessa ammissione, per un errore legislativo?

Tutto ciò accadeva mentre veniva introdotta la cosiddetta Quota 100, dai costi enormemente maggiori e che dava sì ai lavoratori la possibilità di andare in pensione un po’ prima, ma senza fare nessuna distinzione tra differenti professioni e diversa fatica nello svolgerle.

Ad oggi, macchinisti, capitreno e manovratori delle Ferrovie non sono nemmeno tra i “lavori usuranti” ma solamente tra i gravosi, godendo quindi di pochi mesi di “sconto” rispetto agli altri lavoratori.

Non stiamo però chiedendo di volere qualche “immotivato privilegio”: abbiamo invece fior di argomentazioni.

La prima è quella del cosiddetto “errore”: ma non si vergogna il Parlamento italiano a non essere in grado, dopo 10 anni, di rimediare a un errore che tutto il Parlamento stesso ammette sia stato compiuto?

Inoltre, vi rammentiamo che la possibilità di andare in pensione a 58 anni non era un “regalo”, bensì una agevolazione dovuta alla natura particolare delle nostre professioni, che comprendevano lavoro a turni, servizi notturni, gravi disagi logistici e notevoli carichi di responsabilità. A questi negli ultimi 10 anni, come per aggiungere il danno alla beffa, sono stati aggiunti l’agente solo, prestazioni lavorative fino a 11 ore, fino a tre notti lavorate a settimana sui treni merci, riduzione del numero dei riposi annui…

E non pensiate che tutta questa situazione non stia già producendo i suoi, maledetti, frutti: dal triste conteggio che abbiamo iniziato a tenere quando ci siamo resi conto che molti, troppi colleghi macchinisti ci stavano prematuramente lasciando, cosa mai vista prima, risulta che, dal 2015 ad oggi, sono morti ben 112 macchinisti, ancora in servizio o andati da poco in pensione con le “regole nuove”, principalmente per tumori e infarti.

Quanti altri di noi dovranno morire, prima di veder ristabilito un minimo di equità?

Per la Redazione di Ancora In Marcia

Matteo Mariani, Marco Crociati, Pino Chillè, Pasquale Romano,

Claudio Grimaldi, Salvatore Letizia, Gianluca Cardinale, Fabio Vincenzi

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